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martedì 18 novembre 2014

Lettera al mio insegnante preferito

Carissimo Professore,
Non posso che ringraziarti e attraverso te esprimere gratitudine per la figura più importante della società e cioè l’insegnante o per meglio dire il maestro.
Quel poco che so fare, quel rudimentale esercizio poetico con cui mi procuro questa vita privilegiata, lo devo a coloro i quali nell’elastica età adolescenziale mi hanno spalancato la profondità e la curiosità per l’arte di esprimersi.
Soprattutto a te devo gli spiragli da cui ho guardato fuori dal mondo del disinteresse.
Fumi ancora?
Io si, ma questo non te lo devo, ho cominciato prima di incontrarti. Mi piaceva come ti gustavi le tue MS mentre spiegavi e mi dava la sensazione che facevi appassionatamente il tuo lavoro.
Ti ho dato naturalmente del tu perché non sei più il mio professore ma una specie di conforto etico.
Un abbraccio

Antonio detto Rocco

8 commenti:

  1. Che bella, Rocco ... anche io ho avuto la fortuna di incontrare insegnanti in gamba nella mia vita.
    Come posso dimenticare il maestro Castrovillari a Brindisi di Montagna: ne ero follemente innamorata ... all'epoca c'era la mensa e il pomeriggio solo per i bambini davvero poveri. Lo pregavo tutti i santi giorni di tenermi a scuola anche per pranzo e per il pomeriggio, e spessissimo mi accontentava.
    Come dimenticare l'intero corpo insegnante della scuola media a Potenza: tostissimi, ma quello che so sulla sintassi e grammatica, la logica della matematica, la bellezza del canto lo devo alla loro severità e attenzione.
    E poi il liceo: scuola di vita, oltre che di cultura. Tra uno sciopero, un'allarme bomba, tra destra e sinistra così esacerbate abbiamo imparato a stare al mondo. Con consapevolezza, amore, accettazione gli uni degli altri, nonostante le palesi divergenze di opinioni.
    E ricordo con piacere Ubaldo, prof di italiano di Napoli in trasferta per due anni a Potenza: quanta passione per il suo lavoro, e quanto rispetto per le nostre identità in formazione.
    Pensa Rocco, vivo a Genova dall'anno del diploma, eppure ancora mi sento con alcuni compagni del liceo. E questo lo dobbiamo sicuramente allo spirito di corpo che i nostri prof hanno saputo creare.
    Si, mi è piaciuto andare a scuola, e ancora oggi, appena posso, faccio corsi di formazione, sia come discente che come docente.
    Perchè non si finisce mai di imparare, anche da quelli più giovani di te, ma è inutile imparare se quello che sai non lo metti a disposizione degli altri.

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    1. ...anche questo fa di te quello che sei, Ilde. Vale anche per me.
      Appunto credo che a scuola e 'maestri' la nostra società dovrebbe davvero riconoscere molto di più.

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  2. Bello scherzo, il tuo...Riportarci sui banchi di scuola...
    La scuola ti condiziona la vita.
    Da piccola non amavo studiare, mi interessava piú guardare le cose, mi interessava piú scoprire, fantasticare...
    Non sapevo che poi quando conosci ami. La maestra delle elementari leggeva i miei temi ad alta voce in classe agli altri compagni... diceva che avevo una bella fantasia, e quella mi è rimasta perchè le cose dette ai bambini quando hanno in mano le penne cancelline restano....

    Poi un periodo buio e sprazzi di luce, le medie e il liceo, il dovere lontano dal piacere per far propria la saggezza altrui e fuori il mondo, la vita...Ho studiato dappertutto, mi spostavo nella casa, grande per fortuna, o all' aperto.

    Resta la sensazione della bella complicitá, quella nata tra i banchi di scuola, resta il ricordo della lettura di un antologia che ascoltavo rapita e che proiettava ad altri mondi, al sogno degli antichi eroi, di dei scesi dal cielo e pronti a salvarti e restano le domande...restano come spazi aperti che tutto possono contenere..

    A scuola si è più o meno fortunati, la differenza la fanno sempre le persone che si incontrano...Io ho trovato spesso insegnanti che trovavano in me "lacune", e queste lacune mi hanno perseguitata fin quando ho capito che io esisto nelle mie lacune.

    La mia insegnante di lettere diceva (in stetto siciliano :) che dovevamo andare a zappare, ma le devo dare atto che lo diceva indistintamente a tutti anche ai secchioni. La vedo strascinarsi nel percorso dalla porta alla cattedra, portare avanti il suo corpo, come un pesante fardello, la vedo atterrare sulla sedia, portarsi una mano alla fronte, il gomito sul tavolo, e sostenere il peso: il peso dell' esistere. E la vedo scuotere il capo in segno di disappunto, manifestare lo sdegno per un' umanità perduta.

    Mi sono laureata in agraria, e non credo di essere nata per le materie scientifiche. E' stato così per tanti forse... e forse anche per inseguire la ragione... (per poi scoprire che davvero la realtà delle cose supera ogni fantasia).

    Io credo che nella vita si può arrivare dove si vuole, non ci sono limiti e solo questione d' impegno.

    Credo anche che tante cose che con fatica impari, poi le dimentichi...ma alcune cose poi restano (e a volte sono i dettagli che sembravano insignificanti, a volte sono quelle verità che sembravano troppo evidenti).

    Credo che davvero più conosci e più il mistero si infittisce...

    Oggi mi resta un senso di umiltà, del quale sono orgogliosa, per l’ ignoranza che mi porto dentro e che continua ad alimentare una curiosità infantile, leggera, fresca, su tutto ciò che c’ è attorno, che si muove, che vive. E amo l’ ignoranza di chi sa inventare una risposta, di chi storie non ne ha lette, ma sa vivere la propria, di chi sa percepire e trovare con sciocchezza irrazionale le cose ultime.

    E penso che gli ignoranti sono i più saggi perché non tendono a far propria la sapienza di un altro e che c' è sempre da imparare ascoltando gli altri.

    Non vorrei essere fraintesa, ho gratitudine per la figura più importante della società ....un mestiere di certo non semplice quello dell' insegnante.
    E che bisognerebbe insegnare con umiltà con l' atteggiamento di chi non ha una verità da insegnare, ma di chi ama esortare alla ricerca...

    I miei più grandi insegnanti sono i miei genitori, due opposti ben miscelati, spirito e pragmatismo.... poi nonni, parenti, vite... come un grande albero pieno di tante foglie, una macchia di colore indistinto nell' insieme, infinite sfumature nei dettagli... e poi, luoghi, esperienze, vuoti e pieni.. e i miei figli...imparo molto da loro...

    E...mi è venuta l' insonnia!

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    1. Veraaaaaaaaa ho capito, durante le notti insonni scrivi eh!
      Scherzi a parte...tutto è 'vero'. Anche che si impara dalla vita e dalle persone che si incontrano. Che non sempre la scuola prepara. Che talvolta non scocca la scintilla tra prof e allievi. Che qualche volta fuori dai libri c'è qualcosa che sui libri non c'è.
      Ma il discorso sociale e culturale è un altro. E' che la scuola deve essere considerata fondamentale. Che educare e insegnare sono parole chiave. Che il maestro deve essere riconosciuto per il ruolo enorme che ha. E' un passaggio importante questo, oggi più che mai...
      Poi certo ognuno ha la sua storia, un'esperienza o il suo opposto, ottime occasioni oppure sfortune ma il principio non dovremmo dimenticarlo e sottovalutarlo. La scuola -se non lo è più- deve tornare ad essere un riferimento di valore innegabile.

      L'umiltà? Quella si, forever.

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  3. Era una battuta?!?!?

    Concordo sul fatto che la conoscenza è la chiave di tutto...e che la scuola ha un ruolo fondamentale sempre e comunque, e nel bene o nel male in realtà del buono lo lascia sempre...
    Qualcuno diceva che il sonno della ragione genera mostri.
    Non ricordo chi...le lacune!!!! ;)
    Per fortuna esiste internet...poi sbircio ;)
    Quelli della scuola sono anni delicati... Si lavora con la "materia umana" ..."materia viva" e a volte l' ansia della trasmissione della conoscenza occupa tutto lo spazio, limitando lo spazio della ricerca e dell' espressione personale che è fondamentale in qualsiasi disciplina... E la materia fertile diviene sterile...
    Il mio "elogio"dell' ignoranza nasce da questo sentimento: dal desiderio che nella trasmissione del sapere ci sia il confronto, l' ascolto, l'apertura, la leggerezza...Un sentimento di ribbellione forse...Che alunna difficile che ero!
    Educare ed insegnare sono parole chiave...eccome! Bisogna investire su questo!
    Oggi cinema pieno...Non dico nulla perché ovviamente rischio di essere ripetitiva...e poi sto diventando terribilmente prolissa...e finisce che mi viene l' insonnia. Faccio una faccina felice :) così per esercitare la capacità di sintesi...
    Buonanotte Rocco!

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    1. Sono d'accordo Vera. In fondo la vera trasmissione del sapere dovrebbe proprio contenere confronto, apertura, leggerezza, ascolto. Il 'sapere', si sa..., non è un cumulo di nozioni.

      Ciao alunna difficile, sensibile e simpatica :)

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  4. Tu guarda il caso. Stamattina andando al lavoro ho visto un nugolo di ragazzini. Poi ho visto che erano più o meno in fila e accompagnati da professori … sicuramente delle medie. Bellissimi, non ce ne era uno uguale: Sudamericani, cinesi, africani, arabi e … italiani. Belli, colorati, mischiati, vivaci. Li ho guardati divertita e qualcuno mi ha detto buongiorno! E i professori accompagnavano queste nidiate festanti con orgoglio. E' stato un bel cominciare la giornata. E ho pensato alla tua lettera e al disconoscimento di una professionalita' più diffusa di quello che si pensa. Si, bisognerebbe proprio ridare valore ad un ruolo, quello della formazione, che porterà sicuri vantaggi alla società di domani

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    1. Certo, bisognerebbe ridarglielo. Pure con una certa urgenza, Ilde.

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